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L'Illustre Concittadino Alfonso Giorgi

Alfonso Giorgi (1824-1889)

Archeologo e Amministratore

Ferentinate

    Lo Stemma Roffi Isabelli

   Nel Salone delle Feste del Palazzo Giorgi - Roffi Isabelli di Ferentino, sui due sopraporte, si ammirano due raffigurazioni dello stemma della famiglia Roffi Isabelli. Ciò si deduce dal confronto con altre due rappresentazioni dello stesso stemma, visibili nella chiesa Cattedrale di Ferentino, una nelle vetrate della chiesa, l’altra ai piedi della acquasantiera di sinistra, ambedue documentate dalla donazione fatta dal Comm. Vincenzo Roffi Isabelli nel 1906. Ad una prima occhiata il manufatto sembrerebbe doversi datare alla fine del XIX secolo (se non ai principi del seguente) ed appare dipinto per sovrapposizione su un precedente riquadro.

Stemma Roffi Isabelli

| Stemma Roffi Isabelli |

   Il comm. Vincenzo (1859-1920), figlio di Pio e Vittoria Giorgi, fu l’erede unico di Alfonso Giorgi. Sindaco della Città e Consigliere Provinciale di Roma (Frosinone divenne provincia solo nel 1927) contribuì non poco ai lavori di recupero e restauro della Cattedrale dei S.S. Giovanni e Paolo, assieme al Vescovo dell’epoca mons. Domenico Bianconi. E’ per questo che nella chiesa sono presenti i due stemmi, oltre l’iscrizione sulla “macchina” del Santo Patrono, a ricordo del restauro operato dallo stesso Roffi Isabelli.

   L’arme oggi visibile nel Palazzo Giorgi-Roffi Isabelli (partito: nel 1° d’azzurro alla fascia curvata d’argento, accompagnata in capo da due stelle d’argento, e in punta da una rosa; nel 2° d’argento al leone d’oro), alzata dalla famiglia Roffi Isabelli, è chiaramente un’arma di alleanza familiare e pertanto possiamo pensare che le due partizioni rispecchino i valori araldici delle famiglie Roffi ed Isabelli, unite solo nel 1843 a seguito di lascito testamentario (o al limite, e più verosimilmente, dei Roffi e di una collaterale linea nobiliare).

   Ad onor del vero il Leone d’oro è stato anche lo stemma del Vescovo, mons. Gesualdo Vitali (Mondolfo 1809-Ferentino 1879), la cui nipote sposò, nel 1879, il comm. Vincenzo Roffi Isabelli).

 

   E’ giusta opinione che ci troviamo dinanzi a due patronimici puri, in quanto Roffi (di conio basso-medievale) sembra una variante (al genitivo) di Ruffus o Ruffulus (Ruffolo), prenome di origine sabina avente alla radice l’aggettivo rufus (rosso di capelli, di barba o di carnagione); mentre Isabelli è immediatamente riconducibile al relativo Sabèllo o Savello (peraltro piuttosto diffuso, in tutte le sue varianti, nel Centro Italia).

 

   Dal Dizionario Storico-Blasonico delle Famiglie Nobili e Notabili Italiane edito a Pisa nel 1886 da G.B.Di Crollalanza, si ha menzione di una famiglia Roffi di Bologna il cui stemma, però, è completamente dissimile dal nostro. La famiglia di Ferentino, pur essendo anch’essa riconducibile a famiglie del nord Italia (soprattutto in Emilia Romagna) nel corso dei secoli si è trasferita in diverse regioni fino a raggiungere Ferentino, solo agli inizi del XIX secolo.

   Tornando allo stemma partito di cui ci occupiamo, anche se è da studiarne l’origine e la formazione, sembra abbastanza genuino, e non di fantasia. A ciò  si è spinti a credere sia dalla linearità degli elementi araldici (solitamente meno è sofisticata la composizione, più è antica e vera), sia dalla partizione stessa (l’ipotetico creatore non avrebbe avuto motivo di ipotizzare uno stemma d’alleanza), sia, ancora, da quanto si sta per ipotizzare in ordine alla simbologia adottata.

   E' possibile, infatti, ravvedere nella rosa o fiore bottonato, l’elemento di un’arme semi-parlante (la rosa per eccellenza è rossa così come l’etimo di ruffo rimanda allo stesso colore. Il fatto che oggi la vediamo bianca - cioè d’argento  -potrebbe semplicemente imputarsi ad un’errata lettura o ad una cattiva esecuzione.

 

   Ma da quando furono alzate tali armi? E con quale diritto? E perché non recano corone nobiliari (anche di nobiltà civica o patriziale)? Per il momento si tratta di domande proibitive. In assenza di documenti di famiglia, in cui almeno si veda impresso il sigillo, si può pensare ad un uso per così dire tollerato, tipico delle famiglie dei maggiorenti che, per sottolineare lo status raggiunto nella comunità, prendevano l’abitudine di adottare i contrassegni formali della nobiltà titolata (feudale o patriziale) già nel XV secolo.

 

    Lo Stemma di Alfonso Giorgi

   Sul monumento funebre, all’interno della Cappella del Cimitero di Ferentino, che suggella le spoglie mortali del N.H. Alfonso Giorgi, è raffigurato uno stemma coronato, pitreo di bella fattura, inscritto in un classico scudo sannitico (il rettangolo è addolcito dalla punta finale, come è possibile notare).

 

Stemma Giorgi

   | Stemma Giorgi |     

 

   La corona è la classica insegna marchionale composta di un cerchio d’oro rabescato sormontato da cinque c.d. fioroni (di cui tre visibili) alternati a perle montate su punte.

   Sappiamo dell’iscrizione al Ceto Nobile della città del Cav. Alfonso Giorgi, intorno alla metà del 1800, e sappiamo come nei secoli passati, e particolarmente tra il XVIII ed il XIX sec., le famiglie patrizie usavano timbrare le loro armi per l’appunto con la corona marchionale (a tre ovvero nella variante a cinque fioroni visibili), che è tra le più suggestive nella sua semplicità. Del resto, l’attribuzione rigida della corona al titolo, già perseguita nella nazione napoletana dai napoleonidi, non maturerà prima della seconda metà del XIX secolo, senza affermarsi mai con assoluto rigore se non nel XX secolo.

    Per quanto concerne lo stemma, assai suggestivo, si rileva la sua incompiutezza (la fascia nel 2° quarto è di rosso, mentre quella del 3° quarto, che è visibilmente la stessa, manca dell’incisione dello stesso smalto) davvero singolare, visto che l’esemplare è rifinito in ogni sua parte. Comunque possiamo blasonarlo così: inquartato: nel 1° e 4° di ? (campo non precisato) alla sirena di carnagione nuotante su di un mare d’azzurro; nel 2° e 3° di ? (campo non precisato) alla fascia di rosso.

    La sirena è un animale chimerico che è emblema di eloquenza e capacità persuasiva, e ben si attaglia alle virtù dell’erudito Alfonso Giorgi (ma dal qui al sostenere che possa trattarsi di uno stemma personale il passo è lunghissimo proprio per l’inquartatura).

   L’inquartatura dello scudo rimanda, tuttavia, ancora una volta ad alleanze familiari. Sono in gioco due casati (le armi sono ripetute per rafforzare il contenuto dell’alleanza, probabilmente ribadito nei secoli, e per dare armonia all’insieme). L’arma primitiva occupa sempre il primo cantone o quarto (il primo a sinistra di chi guarda), per cui possiamo essere ragionevolmente certi che lo stemma originario dei Giorgi fosse di ? (campo non precisato) alla sirena di carnagione nuotante su di un mare d’azzurro.

    A chi ricondurre il secondo non è cosa facile a stabilirsi. La banda di rosso che attraversa l’imprecisato campo (d’argento?) fa pensare ad un’arme molto antica. Una composizione forse identica (d’argento alla fascia rossa) fu usata dalla potentissima dinastia dei Sanseverino primi baroni del regno di Napoli, ma anche da altre nobili schiatte.

 

 
             

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